Lotta Europea

Lotta Europea

venerdì 22 aprile 2011

Perchè la Libia?
Analisi sui motivi reali della guerra scatenata contro Gheddafi, oltre le mistificazioni mediatiche e la ricerca del consenso nel giustificare l’aggressione ad uno stato sovrano, inquadrata nello scenario più ampio della cosiddetta “primavera araba”, trasposizione attuale di quelle “rivoluzioni colorate” che provocarono i “regime change” favorevoli all’Occidente dalla Serbia ad oggi.
Interverrà Fabrizio Di Ernesto, giornalista e saggista, esperto in relazioni internazionali e geopolitica, scrittore del libro, tra gli altri, “Petrolio, Cammelli e Finanza”, il quale racconterà degli interessi Italiani in Libia all’interno di cent’anni di relazioni tra i due paesi.

LOTTA EUROPEA - Associazione Culturale ZENIT
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martedì 19 aprile 2011



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sabato 16 aprile 2011

Prima dell’intervento aereo della NATO, c’erano già le sanzioni, imposte da Obama, il 22 marzo scorso, con lo scopo di tagliare le rendite petrolifere utilizzate da Gheddafi per assicurarsi il favore di clan e tribù e per armare i propri uomini: secondo la disposizione 13566 dell’Office of Foreign Assets Control del dipartimento del Tesoro USA, sono passibili di sanzioni tutte le società che abbiano rapporti con la Banca centrale libica, con il Fondo sovrano libico, con la National Oil Corporation (NOC, la compagnia petrolifera di stato) e, con quest’ultima, tutte le società affiliate o associate o di servizio. Ma nel testo della disposizione c’è un passaggio illuminante, che merita un’attenzione particolare: “nel caso che associate o società di sevizi della NOC cambino di proprietà e controllo, il Tesoro potrà autorizzare trattative con tali entità”. Detto, fatto. Il Consiglio nazionale di transizione, la struttura di coordinamento dei “ribelli” della Cirenaica, si è riunito a Bengasi, per istituire (oltre ad un’autorithy competente in politica monetaria e ad una nuova Banca centrale di Libia, entrambe con sede temporanea a Bengasi) la Lybian Oil Company, una nuova autorithy incaricata di sovraintendere alla produzione petrolifera. Le companies attive nella Sirte orientale (tra cui la Shell, la Exxon, la ConocoPhillips, la Marathon, la Hess e la Oxidental) possono dormire sogni tranquilli: eliminato il tiranno, guadagnato il controllo della costa e dei terminali di esportazione di petrolio e gas, il Tesoro americano non lesinerà le sue autorizzazioni.
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domenica 10 aprile 2011


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giovedì 7 aprile 2011

La Costa d’Avorio ha un nuovo presidente: le milizie di Ouattara, dopo 10 anni di tentativi, sono riusciti a spodestare il presidente uscente Gbagbo. Dopo Ben Ali, dopo Mubarak, in attesa della capitolazione di Gheddafi, l’Occidente ha salutato con entusiasmo un nuovo regime change: nei media occidentali, il vincitore dello scontro è salutato come il presidente “democratically elected” e “internationally recognized”, lo sconfitto come un volgare tiranno al potere da 40 anni. Ma Ouattara è anche l’ex funzionario del Fondo Monetario Internazionale, sposato ad una bianca e bionda Dominique niente meno che dall’allora sindaco di Neuilly sur Seine Nicolas Sarkozy: dettaglio che ci incuriosisce e ci spinge ad approfondire la questione. Il 28 novembre scorso i cittadini ivoriani sono stati chiamati alle urne per scegliere il nuovo presidente, ma i risultati delle elezioni sono stati, quanto meno, contesi: la Commissione ONU chiamata a vigilare sul buon andamento delle procedure di voto, favorevole a Ouattara ha proclamato quest’ultimo presidente, mentre la Corte Costituzionale, favorevole a Gbagbo, ha confermato il presidente uscente, invalidando una serie di voti frutto di brogli e intimidazioni. Il caos totale: entrambi i contendenti si sono autoproclamati vincitori e hanno giurato da presidente in due cerimonie parallele. I sinceri amici della democrazia africana non potevano non intervenire a difesa della volontà popolare calpestata. E sono intervenuti nella contesa in concerto con il loro pupillo Ouattara. Quest’ultimo, infatti, ha predisposto il blocco delle esportazioni di cacao (la Costa d’Avorio produce il 40% del cacao consumato nel mondo), subito assecondato dall’Unione Europea che ha proclamato l’embargo economico contro la Costa d’Avorio. Ouattara è anche riuscito a ottenere che la Banca Centrale dell’Africa Occidentale congelasse le linee di credito del presidente. Ma la morsa economica non raggiungeva i risultati sperati, così gli uomini di Ouattara si sono mossi verso la capitale e il palazzo presidenziale, forti dell’appoggio militare degli elicotteri francesi ed onusiani e dei 400 milioni di dollari forniti dall’ONU. Fino a martedì scorso, quando, con la cacciata di Gbagbo, la Costa d’Avorio ha avuto finalmente il suo presidente eletto secondo i canoni democratici. E con almeno 800 (forse 1000) cadaveri di civili, uccisi a colpi di machete, e un milione di persone in fuga dal paese. Ma cosa aveva fatto Gbagbo per muovere contro di sé le accuse (e i missili) dell’Occidente e della Francia in particolare? Si era spogliato degli abiti di valletto di corte che gli ex coloni francesi gli avevano cucito addosso: una volta eletto, non corse a Parigi a baciare l’anello di Chirac, ma preferì recarsi in Italia a stringere accordi economici (e il presidente francese reagì ordinando ai suoi caccia di distruggere tutta l’aviazione ivoriana a terra). Ma soprattutto, durante la sua presidenza, ha assegnato appalti multimilionari non ai soliti francesi, ma a società di cinesi. Gravi errori che gli sono costati la poltrona, e che hanno inflitto al paese africano una sanguinosa guerra civile eterodiretta.
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martedì 5 aprile 2011


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venerdì 1 aprile 2011

Il British Medical Journal ha pubblicato uno studio sull'impatto delle pratiche di aborto selettivo sulla demografia delle popolazioni asiatiche, in particolare di Cina, India e Corea del Suda: a fronte di un rapporto medio di 103/107 nati maschi ogni 100 nati femmine, in Cina si raggiungono picchi di 192 maschi ogni 100 femmine. Un vero squilibrio, dovuto, fondamentalmente, alla pratica sempre più diffusa dell'aborto selettivo, ossia l'elimanazione dei nascituri di sesso femminile, considerati inutili ai fini socio-economici della famiglia. Tanto più in quei paesi dove vige la politica del figlio unico: i genitori, specie quelli più poveri, costretti ad avere un solo figlio, preferiscono generare forza lavoro: ossia un maschio. Dall'Oriente arrivano brutali racconti di donne prese a calci per abortire o di bambine uccise, in mancanza di ecografia, appena messe alla luce. Il tutto sotto gli occhi delle ONG occidentali, complici di questo massacro silenzioso.

Non c'entra nulla la religione, non c'entrano nulla gli ideali politici.

Si tratta, più semplicemente, di guardare in faccia la realtà.

Si tratta di riconoscere che nessun individuo può disporre della vita di un altro. Neanche se questa è ancora in fieri. Atto e potenza, ne parlava Aristotele qualche millennio fa.

Si tratta di riconoscere, all'interno di una società organica e ordinata, il ruolo della donna, nella sua specificità, alterità e complementarità rispetto all'uomo. Una condizione ben diversa da quella propria delle società orientali dove è sottomessa all'uomo e ben diversa da quella propria delle società occidentali in cui è semplice strumento di piacere per uomini sempre più tristi e soli.

Si tratta di riconoscere alcuni limiti ben precisi all'azione umana, perché l'uomo rimanga, in qualsiasi momento della sua esistenza, soggetto e non oggetto, fine e non mezzo della ricerca scientifica.

Si tratta di riconoscere la libertà e la superiorità dell'uomo di fronte alle leggi dell'economia, perché nessuna vita sia più sacrificata all'altare del profitto.
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