Lotta Europea

Lotta Europea

mercoledì 25 gennaio 2012

L'embargo europeo che blocca le importazioni di petrolio e di prodotti petrolchimici dall'Iran, non produrrà gli effetti voluti da Bruxelles, mentre sicuramente riuscirà a peggiorare la situazione economica dei paesi europei più dipendenti dal greggio iraniano, ossia le stesse nazioni che più pesantemente stanno facendo le spese della crisi finanziaria: Spagna, Grecia ed Italia, che insieme totalizzano l'80% dell'import europeo di greggio da Teheran.
L'Italia, in particolare, dipende fortemente dall'Iran, che rappresenta il suo quarto maggiore fornitore di petrolio. Inoltre, poiché il petrolio non è tutto uguale, le raffinerie italiane possono lavorare, in alternativa al greggio iraniano, quasi unicamente materie prime siriane, naturalmente anche esse indisponibili perché sottoposte ad embargo.
Al contrario, l'economia di Teheran non subirà forti contraccolpi da queste misure in quanto troverà nuovi acquirenti nella Cina e nell'India, la prima contraria all'embargo, la seconda pronta a pagare in rupie o in yen anziché in dollari. Il mercato iraniano fa gola a Pechino che, per bocca del suo presidente Hu Jintao, si è detta pronta a difendere Teheran in caso di attacco statunitense. Parole forti, che indicano come il dragone, oramai egemone nell'Africa subsahariana, è pronto a muovere i suoi primi passi nel Vicino Oriente, a caccia di materie prime per rifornire la propria industria manifatturiera.
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venerdì 20 gennaio 2012

L'agenzia Standard & Poor's, negli ultimi giorni, ha bocciato le economie di nove paesi dell'eurozona: tra questi, la Francia e l'Austria hanno perso la tripla A, Italia, Spagna e Portogallo sono scesi di due gradini, ottenendo una tripla B+ (Roma e Madrid) e una doppia B (Lisbona). Junk rating: livello spazzatura.
Come se ciò non bastasse, la scure della S&P si è abbattuta anche sull'EFSF, il fondo salva stati dell'UE, dimostrando ancora una volta come l'attuale crisi del mercato non sia assolutamente "spontanea", ma il risultato di un'attenta strategia messa in atto dai principali soggetti finanziari internazionali per muove guerra all'euro e all'Europa politica.
In questo disegno, le agenzie di rating ricoprono un ruolo essenziale, riuscendo ad orientare, con i propri rapporti sulla solidità dei conti privati e pubblici, le mosse degli operatori sul mercato. Tutt'altro che organismi terzi, autonomi, trasparenti, indipendenti o imparziali, esse sono finanziate e possedute dagli stessi soggetti sottoposti ai loro controlli e alle loro analisi. S&P, ad esempio, risulta controllata dal gruppo editoriale McGraw Hill, di cui è azionista di maggioranza Warren Buffet, società leader nel settore dei fondi di investimento: in questo modo, lo stesso personaggio opera un controllo totale, non ufficiale ma reale, sul mercato azionario, orientando gli investimenti ed investendo anche egli di conseguenza. Non è un caso, allora, che le stesse agenzie tacevano quando le banche si riempivano di titoli spazzatura, oltretutto non messi a bilancio, assegnando una tripla A alla Lehman Brothers, di cui tutti conosciamo la fine, o al Credit Suisse nonostate i suoi 125 milioni di dollari di perdite dovute ad investimenti su titoli derivati. Non è neppure un caso che, mentre vengono declassati i titoli di debito pubblico dei paesi europei, i buoni del Tesoro U.S.A. siano anncora giudicati AAA, nonostante Washington vanti un debito pubblico vicino al 100% del PIL (che arriva al 130% se si considera, nel conteggio, anche quello degli enti locali) e un debito commerciale di ben 600 miliardi di dollari: se fosse un'azienda privata sarebbe fallita già da tempo e il suo cda sarebbe dietro le sbarre. Ciò nonostante, forte del giudizio delle agenzie di rating, tutte made in U.S.A., Geithner, segretario del Tesoro statunitense, può permettersi di bacchettare i colleghi europei sulla necessità di tagliare il debito pubblico.
Alla luce di tutto ciò, è sempre più impellente la necessità dell'istituzione di un'agenzia di rating europea, indipendente ed oggettiva, il cui operato non sia influenzato dal mercato e dai grandi gruppi finanziari, ristabilendo il primato della politica sull'economia e sulla finanza. Un'agenzia che tuteli, anche sui mercati finanziari, l'indipendenza dell'Europa dalle interferenze di qualsiasi soggetto proveniente da oltreoceano.
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domenica 15 gennaio 2012

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giovedì 12 gennaio 2012

I preparativi per la guerra israeliana sono quasi ultimati. Il Pentagono ha pronti migliaia di soldati statunitensi da inviare a Israele. La notizia, anche se snobbata dai media occidentali, è stata confermata dalla stampa israeliana. Il Jerusalem Post, infatti, ha confermato l'arrivo delle truppe americane, giustificandolo come un preparativo per "la più grande esercitazione missilistica nella storia" in vista delle manovre militari targate USA-Israele che pare ci dovranno essere nella primavera del 2012. Questa operazione non fa altro che riscaldare ulteriormente il Mediterraneo orientale, soprattutto dopo gli ultimi scontri (fino a questo momento solo verbali) tra Ahmadinejad e la Casa Bianca, che ha lanciato un duro monito a chiunque osasse stringere accordi con l'Iran, nel tentativo di isolare sia dal punto di vista economico, sia da quello politico Teheran. Intanto continua la moria degli scienziati nucleari iraniani, vittime del Mossad, specializzato negli omicidi mirati almeno dai tempi delle Olimpiadi di Monaco del 1972 e dell'operazione "collera di Dio".
A tutto questo si aggiungono le esercitazioni militari iraniane nello stretto di Hormuz, striscia di acqua fondamentale per il commercio petrolifero mondiale. Una prova di forza, quella di Teheran, per ribadire che se l'America deciderà di "esportare la democrazia" anche lì avrà pane per i suoi denti.
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mercoledì 4 gennaio 2012

Il nuovo anno è stato inaugurato in Ungheria con l’entrata in vigore della nuova Carta Costituzionale, redatta dall'ampia maggioranza parlamentare del partito Fidesz. Forti critiche sono state sollevate, oltre che dalla popolazione, anche dai partner, europei e non: la Commissione UE, il FMI, e la paladina della democrazia Hillary Clinton, che si sono detti molto preoccupati della svolta ungherese, definita autarchica ed illiberale.
Come sempre accade, dietro questi aggettivi si nasconde la paura dell'Occidente per qualsiasi voce si levi contro il sistema liberalcapitalista imposto al mondo. Vediamo perché il caso ungherese costituisce un'eccezione a questa regola e quali sono le cause di tanto allarme.
La nuova Costituzione, la prima promulgata dopo la caduta del muro di Berlino, ha inserito tra i principi fondamentali alcuni concetti che suonano inaccettabili alle orecchie dei padroni del mondo: si parla espressamente di Dio, di tutela dell’embrione e di riconoscimento della sola unione in matrimonio fra uomo e donna.
A preoccupare però l'Occidente sono le politiche finanziare ed economiche messe in campo dal governo di Budapest: il premier Orban, infatti, ha deciso di non rinnovare il prestito concesso nel 2008 dal FMI, per non costringere il suo paese a sottostare ai pesanti compromessi stabiliti dall'organismo internazionale. Al contrario il primo ministro ha emanato una serie di provvedimenti rivoluzionari: ristatalizzazione dei fondi pensione, imposizione di una tassazione onerosa per i grandi gruppi stranieri operanti nel paese magiaro e limitazione dei poteri della Banca Centrale Europea. La risposta dell’Europa non è tardata ad arrivare con la sospensione dei negoziati per il prestito di 15 miliardi richiesto per risanare il bilancio statale. A questa decisione si sono aggiunte le minacce di sospensione dall' Unione Europea.
Per farla breve, l'Ungheria ha deciso di alzare la voce e di non cedere alle richieste internazionali, non curandosi delle pressioni internazionali ma, al contrario, seguendo quella che è stata definita la via islandese: impugnare il proprio debito come arma di ricatto.
Ad Est si è alzato un vento nuovo, a noi il compito di soffiare perché diventi tempesta e coinvolga tutta l'Europa.
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