Lotta Europea

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giovedì 21 marzo 2013

Mediterraneo russo

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Domenica scorsa Viktor Chirkova, ammiraglio capo della marina russa, ha anunciato che da ora in avanti la Russia avrà sempre cinque o sei navi da guerra (sotto il comando della Flotta del Mar Nero) nel Mediterraneo orientale, dove, tra l'altro, due mesi fa Mosca ha condotto la più grande esercitazione militare dalla caduta dell'URSS: poca cosa rispetto alle trenta o cinquanta navi mantenute nell'area dalla Quinta flotta sovietica tra il 1967 e il 1992, ma una sicura testimoniata del rinnovato interesse di Mosca per il quadrante. E' in quest'ottica che va letto l'interessamento di Putin per il salvataggio di Cipro, che, in ottica futura, potrebbe sostituire una Siria dal destino sempre più in bilico, con il governo di Assad sempre più vicino alla caduta, ora che l'Occidente ha iniziato apertamente a parlare di armare gli insorti. Il canale di trattative aperto con Nicosia per la ristrutturazione del debito delle banche cipriote, oltre quello di salvaguardare le ingenti somme di denaro russo depositate nelle banche dell'isola, ha il preciso fine di assicurarsi un nuovo partner politico e commerciale ed una nuova base che possa sostituire il porto di Tartus sulla costa della Siria. In gioco c'è, in primis, l'esclusiva sullo sfruttamento dei giacimenti di gas naturale "Afrodite", su cui ha già messo gli occhi la Turchia: è per questo motivo che al viagigo diplomatico da Nicosia a Mosca ha preso parte, oltre al ministro delel finanze, anche il ministro dell'Energia che ha incontrato i dirigenti di Gazprom. In secundis, c'è l'installazione di una base militare russa sull'isola che possa contrastare il potere della Sesta flotta americana già presente nell'area.
 
A proposito di Siria, durante il viaggio in Israele di Obama (che ha parlato di una eterna alleanza, di sapore biblico, tra Stati Uniti ed Israele) il ministro dell'Intelligence e degli affari strategici israeliano, Yuval Steinitz, ha continuato a denunciare l'utilizzo di armi chimiche da parte di Assad (smentito anche dall'ambasciatore americano in Siria), proprio una delle red line fissate dalla Casa Bianca per un eventuale intervento militare contro Damasco. Intervento che si fa sempre più vicino all'orizzonte.

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